Celeste Baraldi - vetrofusioni, ceramiche e street art

Rumore di fondo

Le bottiglie di plastica le vediamo sul tavolo del conferenziere, fra le mani del migrante, nel carrello della spesa, come rifiuto ai margini delle strade; riempiono il frigorifero di casa e il bidone della raccolta differenziata.
Piene, mostrano la loro turgida e androizzata forma sugli scaffali e nei distributori automatici dei supermercati, autogrill e metropolitane del mondo intero; vuote, flosce o accartocciate, sono piccole carcasse nell'erba dei giardinetti pubblici o costellanti l'asfalto della città.
Prosperano con lattine ed altri rifiuti negli angoli urbani degradati, nelle aree dismesse, condividendone la natura derelitta di corpi sopravvissuti alla loro funzione, ma pure la sorte di un possibile recupero e riuso.
Appartengono al rumore di fondo del campo visivo, un continuum di gadget, vuoti-a-perdere, usa-e-getta che ci accompagnano come imprescindibili, per quanto futili, oggetti di scena lungo l'intero piano sequenza della nostra giornata.
E il rumore di fondo è ciò che non trascende dove la merce si trasfigura e si fa estetica, costume, status symbol, prodotto pubblicitario e il concreto e il virtuale si fondono in valore di mercato, così che l'oggetto resta nella denudata immanenza di cosa relegata ad essere soltanto quella che è per forma, colore e materiale.

Spazio dell'abbandono

Le mie sculture ricavate da bottiglie di plastica ed altri vuoti a perdere danno corpo ad un geometrico spazio dell’abbandono, evocano le aree dismesse, i non luoghi del nostro periferico paesaggio urbano e con essi, simili alle tante discariche abusive disseminate in questi territori negletti, richiamano sedimenti di vacue memorie, metafisiche considerazioni sulla precarietà e finitezza delle cose umane.

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